Ai cerchi
che si leggono sull’acqua
tiepida di luna
calda di sole
fra l’alba e il tramonto.
A questo senso di appartenenza
che mi lega alla terra
e ai suoi segreti
e alle coordinate
che si diramano
come una tela di ragno
fra stagioni e maree
involuzioni ed evoluzioni
di un ciclo asserpentato.
Alla sostanza di tempo
io mi aggrappo.
Io mi aggrappo
profumata di emozioni
sempre sorpresa e sempre attenta
e curiosa
delle relazioni
fra radici e semi
ostriche e perle
aria e vento
che abitano
la casa del pianeta.
Tutte le creature
si mischiano
nascono
diventano
si spengono
indossano l’ardore
di appartenersi
e farsi compagnia
nel viaggio che accomuna
tutte le intemperie
con il battito del tempo
nel giro dell’orologio
che le ore stropiccia
senza riguardo.
Nell’intero invaso del pianeta
si connettono e si sconnettono
interi cicli e
posti fuori tempo
in anticipo e in ritardo.
Come un respiro
un sospiro
creature sofferenti
si ripropongono
con mutazioni perverse.
Gli Indiani d’America
appoggiavano l’orecchio al suolo
per sentirsi dalle viscere
emergere un suono
un eco.
Io ascolto
invece
il disincanto
il dolore di queste creature
e l’indifferenza
che li rigetta in un bozzolo
di passività
e lo racconto
come una fiaba senza fine
e senza morale
legandole fra loro
a quel filo tessuto
prezioso
di trama di tempo
al limite del destino
e dell’ignoto
in un pastone di armonia
dove il sapore del mistero
avvolge fra le sue spire
un’albicocca calda
di epilettico sole
e il limitato tempo
si nasconde
in ogni anfratto
di questa terra
piena
di mutanti alternativi.
Questo io sono
da quando a 7 anni
trovai il primo sasso
spaccato
con dentro
un bellissimo cristallo.
Quel giorno
feci tardi a scuola
a casa
e mi persi
nei pensieri
che con il loro filo
mi hanno accompagnato
fin’oggi
consolandomi
dei dubbi
di una specie dominante
arrogante. |